LA GIOIA FRUTTO DELLA SANTITÀ DI VITA

Pietro Longoni

Pietro Longoni

La gioia: frutto raro e forse addirittura esotico, tanto più oggi, nella nostra società. Lo constatiamo facilmente guardandoci intorno, nei discorsi che sentiamo o che facciamo, improntati a una perenne lamentosità. Lo constatiamo sui volti di tanti che non sorridono mai; e quando lo fanno, il loro sorriso assomiglia ad una smorfia grottesca o cinica. Lo constatiamo nei luoghi di lavoro, dove, ad esempio, non si canta più, e per le strade, dove i pochi che vanno in bicicletta non fischiettano più. Insomma, la prima cosa che viene spontaneo affermare sulla gioia è che essa oggi manca.

Ebbene, sul volto e nel cuore di Anna Maria non è mai mancata !

A distanza di vent’anni, non mi ricordo frasi particolari o parole udite da Anna Maria; certo i nostri incontri sono stati rari ed estemporanei, ma mi ricordo perfettamente il suo modo di salutarmi, il suo sorriso e la gioia a fiotti che da lei traboccava. Ti guardava come se in quel momento ci fossi solo tu; e lei era lì per te, dimenticando per un istante di avere intorno magari decine di persone… Per la sua biografia non ci poteva essere titolo più indovinato di quello scelto da Paolo: “Anna Maria, la gioia di una vita”!

Leggo in alcune pagine di questo libro: “Per Anna Maria ogni occasione era buona per contagiare il prossimo con la sua gioia di vivere, con la sua speranza nella vita; per lei ogni gesto, ogni parola dovevano in qualche misura essere un annuncio della buona novella”. (pag. 10).

E un suo pensiero, tratto da un suo quaderno di traccia: “ Con un comportamento pieno d’amore e carità, io posso dare la felicità a tutta la nostra famiglia; e dare la felicità significa anche far regnare la grazia, che è gioia” (pag. 129)

Ci sono persone naturalmente gioiose che noi ammiriamo, ma la loro gioia rimane la loro gioia e noi siamo solo spettatori. Con Anna Maria questo non succedeva, perché lei comunicava contemporaneamente la gioia e la radice della gioia, la sua motivazione, la sua origine. La semplice gioia può contagiarci per un istante senza lasciare traccia; la comunicazione dell’origine della gioia può renderci partecipi della stessa esperienza.

Ancora. Ci sono parecchie persone ritenute socievoli e simpatiche che però, una volta rientrate in casa, si manifestano diverse; è piuttosto facile essere garbati e sorridenti in pubblico, molto più difficile essere garbati e sorridenti, o addirittura gioiosi, nell’intimità domestica, dove si cerca unicamente e a volte si pretende di rilassarsi e stare in pace. Siamo soliti poi giustificare i nostri malumori, i nostri scatti d’ira, le nostre pretese egoistiche quotidiane dietro il velo di una presunta autenticità e sincerità di rapporti. In fondo, ci diciamo: i “panni sporchi si lavano in casa” e se in casa c’è un ambiente maleodorante e inquieto – per via dei panni sporchi — è normale… E via di questo passo…

Come mi ha colpito allora il piccolo particolare, sempre ricordato da Paolo nei suoi incontri pubblici, del bacio d’accoglienza quotidiano che Anna Maria riservava al marito ogni sera, al ritorno dal lavoro !

“E a sera, al mio ritorno, trovavo il sorriso di mia moglie; me l’aveva promesso durante il fidanzamento, e per tutti i ventotto anni del nostro matrimonio mantenne la parola: mi venne sempre incontro sulla porta di casa con un bacio, talora con le mani insaponate o dicendomi in fretta: “Ho la verdura sul fuoco”, ma sempre, ogni giorno: affettuosa, ridente, aperta. Non so se coloro che leggeranno queste pagine riusciranno, tutti , a capire che cos’era per me questo piccolo gesto quotidiano d’amore: era veramente come il rinnovo di una scelta, la conferma della fedeltà, la riproposta di un cammino di felicità. “(pag. 82)

Questo non è il frutto di un manuale di buone maniere, è il frutto di un grande amore gioioso, che un giorno, all’inizio del fidanzamento, aveva letteralmente investito Paolo, il Paolo “cupo”, “tetro”, “pessimista”, “depresso” (Così si descrive nel libro) E il frutto di uno sguardo straordinario che Anna Maria ha avuto, fin dall’inizio, per Paolo, e che alla fine ha provocato la sua grande e umanamente imprevedibile conversione. (Tarso… Torino… cominciano tutte e due per “t”). Ma qui, per capirci qualcosa, dobbiamo ricorrere al Vangelo, perché entriamo in una logica che non è più solo umana.

Entriamo allora nel Vangelo di Luca…

Entriamo allora nel Vangelo di Luca…

La santità è essere come Gesù…

La santità è essere come Gesù…

Don Antonio Corti, assistente del gruppo di spiritualità familiare, così ricorda Anna Maria: “ Ciò che in lei mi ha colpito di più, è stato il suo senso soprannaturale. Sentiva, e quindi viveva, la certezza della vita di Cristo in noi /…] lo sentiva in un modo “trasparente”. Quando mi capitava di intervenire parlando della vita divina in noi, della nostra unione con Cristo, del nostro essere, come cristiani, viventi su un piano superiore a quello naturale, la vedevo brillare negli occhi, con lo sguardo che si faceva luminoso per un totale consenso, contenta quasi di respirare questa aria soprannaturale”. (pag. 88)

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“Respirare quest’aria soprannaturale”: ecco il segreto, una fede che diventa aria da respirare, fede e vita come una cosa sola !

Si sente qui tutto l’effetto della maturità cristiana. Il passaggio da una fede pensata — un’idea prodotta dalla nostra testa – a una fede come semplice riconoscimento di una Presenza, che ci si impone solo perché è reale. Il passaggio da una fede di chi sta ancora fuori e crede nell’ipotesi che Gesù Cristo possa essere la verità, ad una fede di chi sta dentro e crede perché Gesù Cristo è la verità.

“Per la felicità avviene come per la verità: non si ha, ma ci si è. Felicità non è che l’essere circondati, l’essere dentro, come un tempo nel grembo della madre “ (Theodor Adorno).

Una fede matura può affrontare qualunque situazione, qualunque ostacolo; può sostenere l’amore fino al suo pieno compimento, senza che vada perduta l’esperienza della gioia. Solo nel Cristianesimo è possibile dire con San Paolo una cosa così paradossale come: “Gioisco nelle mie sofferenze”. La gioia di Anna Maria ha attraversato la croce, non l’ha evitata, possiamo addirittura affermare che l’ha abbracciata. Quella notte, alle tre di notte, in quel mitico consiglio di famiglia per decidere se riaccogliere Ignazia, la figlia ribelle che ha costretto la famiglia Marchisio a imparare a memoria la parabola del Figliol Prodigo, per averla vissuta più e più volte sulla propria pelle.

“Ci svegliò il telefono: erano le due. Corse all’apparecchio Anna Maria, più svelta di me; e al maresciallo dei carabinieri di Bormio, che chiamava per sapere che cosa dovesse fare di Ignazia, disse prontamente: “Le telefoniamo noi tra un’ora”. Svegliò le ragazze, ci alzammo tutti e iniziammo un consiglio di famiglia notturno, in cui la mia rigida tesi, che Ignazia non dovesse essere riammessa in famiglia, fu sopraffatta da quella di Anna Maria, favorevole al perdono e all’accoglienza. “Ma a patto che cambi vita, glielo dica, maresciallo, mi raccomando: è la condizione che le poniamo”. Erano le tre di notte del 3 settembre 1989 e Anna Maria dava al maresciallo la risposta che solo il suo grande rispetto per me e per le figlie le aveva suggerito di non dare immediatamente. L’amore aveva vinto un’altra volta: fu l’ultima. Lo stesso giorno, al nostro ritorno dalle vacanze, trovammo Ignazia che ci aspettava al cancello di casa, con l’aria più naturale del mondo.” (pag. 148).

Quella notte il cuore di Anna Maria batte ancora una volta all’unisono con quello del Padre della parabola di Luca e riesce ancora a perdonare. Paolo, quella notte, sceglie di interpretare la parte del fratello maggiore, quello che non vuole saperne di riaccogliere, né di perdonare.

Ci sono interi libri dedicati al commento della parabola del Figliol Prodigo narrata in esclusiva da Luca. Oggi, più coerentemente, è chiamata la parabola del Padre Prodigo o Misericordioso: è il Padre ad essere esagerato, nell’amore, più di quanto il figlio lo sia nello spendere e spandere. Orbene, preleviamo un piccolo frammento da questo bellissimo affresco evangelico. Una frasetta che quasi nessuno nota e invece è fondamentale e preziosissima: “Tu sei sempre con me”. Sono le parole con le quali il Padre paziente cerca di aiutare il figlio maggiore a superare il suo malanimo. “Tu sei sempre con me”: si tratta di una affermazione, Stando con me, di fatto, tu non hai dovuto sperimentare come tuo fratello le devastanti conseguenze della lontananza dal Padre. – Ma c’è anche un rimprovero velato: forse tu eri con me solo fisicamente, formalmente. Se tu fossi stato davvero con me, adesso capiresti il mio cuore di Padre e ne condivideresti la gioia. Dall’ “essere (davvero) sempre con Lui” di Anna Maria, è potuta scaturire la sintonia con il cuore del Padre e dunque il miracolo del perdono.

Potremmo fermare su questa scena la nostra ideale telecamera, ma non sarebbe giusto, perché ci può essere ancora un’ultima obiezione dell’uomo della strada, a cui va data risposta. L’uomo della strada dice: “tutto ciò che è bello dura poco e comunque ha davanti un limite invalicabile: la morte.” Il film della nostra vita, per quanto affascinante sia, non sembra avere un lieto fine, perché, terminato il secondo tempo, c’è la morte. E allora affrontiamo questa sfida estrema posta dal comune buon senso, Anna Maria non aveva paura della morte:

“Anna Maria ebbe sempre un ottimo rapporto col pensiero della morte; non aveva ancora 23 anni il 7 luglio 1960, quando mi scrisse queste frasi: “E” così bello che entrambi si abbia amore per le fotografie del passato. Più sono vecchie, più le riprendo fra le mani con piacere. Pensa quando 60-70enni, riguarderemo insieme le foto di adesso … Chissà se ci saremo ancora a quell’età ? E’ un pensiero che proprio non mi preoccupa. Quando avremo vissuto cristianamente, educando i nostri figli nell’amore di Dio, e cercando di far sì che la nostra famiglia sia veramente sorgente di amore anche nei confronti dei terzi, credo che il pensiero della morte non ci darà preoccupazione, ma sarà solo l’attesa di un passaggio a maggior felicità. E’ a questo che vogliamo giungere insieme, nevvero, Paolo ?” (pag. 133).

Ma arriva presto quel 9 aprile 1990…

Ma arriva presto quel 9 aprile 1990…

Concludo con un’ultima “diapositiva” su Anna Maria, quasi uno sfondo entro il quale vederla e ricordarla: 5 aprile 1960, “Carissimo Paolo, camminando così nel sole, mi sentivo una tale allegrezza in cuore che mi veniva da sorridere pur essendo sola; in verità non sono mai sola, perché sono sempre in compagnia dei miei pensieri in cui tu sei sempre presente”.

Paolo è “uno” dei suoi pensieri, gli altri pensieri sono dilatati al prossimo e soprattutto a Dio. Camminando nel sole… il sole di Dio, il sole che è Dio! “Tu sei sempre con me”: questa frase del vangelo di Luca ci pare per Anna Maria sempre più vera… E noi abbiamo la speranza di poterlo un giorno proclamare con tutta la Chiesa.