Don Alberto Mandelli e don Luigi Pedretti

Don Alberto Mandelli

Don Alberto Mandelli, scout, amico di gioventù, laureato in agraria, sacerdote a 32 anni, da tempo cappellano in ospedale, il 30 aprile 1990 ci indirizzò questa lettera:

«Carissimi, a distanza di qualche settimana vi scrivo alcuni pensieri per edificarci a vicenda nel dolce e caro ricordo di Anna Maria e perché abbiate a sentirmi vicino. Porto ancora viva dentro di me quell’atmosfera di speranza, di pace e di vita che ha trasfigurato il funerale di Anna Maria: era un popolo che pregava e la preghiera nasceva di dentro, dalla fede e dall’affetto. Man mano che il rito si svolgeva mi rendevo conto che Anna Maria era entrata nel cuore di quella gente che ormai era diventata la “sua” gente; diversa per origine, per nascita, per cultura, per educazione, per sensibilità, era riuscita a farsi amare e a far amare il Signore Gesù attraverso di lei, segno che aveva fatto morire qualcosa di sé per farsi una di loro, segno che aveva offerto la sua amicizia e il suo servizio con cuore apostolico ricevendone il contraccambio sulla stessa lunghezza d’onda: era amata perché faceva incontrare col Signore.

Penso sia stato abitualmente così, certo lo fu al funerale dove, pensando a lei con affetto e commozione, la gente lodava e ringraziava il Signore; certo lo fu al cimitero quando ormai la salma era stata affidata al sepolcro perché la custodisse in attesa del risveglio nel giorno della risurrezione: quel Magnificat che tu Paolo hai intonato e a cui ha fatto coro il popolo era un grazie e una lode al Signore che aveva fatto grandi cose con la sua piccola serva.

Amare senza trattenere nulla su di sé ma dirottando tutto sul Signore sembrava essere stato il programma e il segreto della sua vita. Erano anni che non la vedevo, rimandavamo sempre l’incontro: ora ci incontreremo in Paradiso e la riconoscerò dal timbro e dalla qualità del suo amore. È questa la nota distintiva di ciascuno: non il colore, i lineamenti, le forme, ma il sigillo dell’amore di Dio impresso in modo unico e irripetibile in ognuno. Qui sulla terra questa impronta non è mai perfetta: il sigillo è sempre almeno in parte contraffatto dai limiti, alterato dal peccato, deformato dai sussulti dell’io che rivendica i suoi presunti diritti, ma in chi cura la purificazione del cuore essa è sufficientemente trasparente per far risalire chi l’incontra dalla creatura al Creatore, per suscitargli la nostalgia dell’infinito e dell’eterno, per lasciargli la dolce impressione di essersi accostato al mondo di Dio: Anna Maria è stata a suo modo trasparenza di Dio.

Ha cercato di purificare e dilatare il suo cuore, di farci star dentro tutto e tutti, si è cacciata nei guai per amare sempre più alla grande, ha consumato, bruciato le sue energie… Ci sembrava perfino esagerata, talvolta veniva istintivo suggerirle di pensare un po’ di più a se stessa: meno male che non ci ha ascoltato, che ha continuato a seguire la segnaletica interiore di quell’Amore che fa passare dalla morte alla vita. Ci ha insegnato a non dare giorni alla vita ma a dare vita ai giorni: rendiamo grazie a Dio perché questa nostra sorella ha combattuto la sua bella battaglia, ha sprigionato le sue capacità d’amore, ha vinto la corsa della vita.

Con questi pensieri a reciproca edificazione non voglio sottovalutare il vuoto che lascia sia nei cuori sia nella concretezza della vita familiare: c’è una presenza sponsale e materna che è prematuramente e imprevedibilmente entrata nell’invisibile, c’è un’infinità di cose che prima si trovavano fatte senza quasi rendersene conto e che ora chiedono risposte nuove, ci sono interrogativi tremendi che affiorano dalle profondità della persona che inquietano, turbano, tormentano…: vi ho scritto anche perché abbiate a sentirmi fraternamente vicino.

Dio ha avuto bisogno di lei e ce l’ha donata,

Dio ha avuto bisogno di lei e l’ha richiamata a sé:

Lui sa quello che fa e non fa nulla se non per amore e per un bene sempre più grande: quando ci sarà dato di comprenderlo, il nostro cuore stupirà e gioirà. don Alberto».

 

Don Luigi Pedretti, da poco più di due anni parroco di S. Lorenzo in Villa Romanò, accolse la notizia della morte di Anna Maria dicendomi: «Per me è come se avessi perso mia madre» e sul bollettino parrocchiale del maggio 1990 scrisse:

«Anna Maria ci ha lasciato, ma il Signore ci ha aperto gli occhi per comprendere quale grande tesoro ella è stata per la nostra Comunità. Al calar delle ombre del lunedì santo, anche la luce terrena della vita di Anna Maria si spegneva dopo un giorno di dure sofferenze che avevano richiesto il ricovero urgente in ospedale. Una luce però si accendeva in paradiso, preannunciando la grande luce che la veglia pasquale del sabato santo fa accendere durante il rito di introduzione alla Risurrezione di Gesù. Il Signore ci ha tolto un’appassionata catechista di ragazzi e di fidanzati, una costante animatrice di spiritualità familiare e di vita parrocchiale, oltre che un’entusiasta sostenitrice del Consiglio Pastorale.

Solo ora comprendiamo l’immenso dono che il Signore ha manifestato in lei. La sua infaticabile opera a servizio della comunità, ma anche la sua parola dolce ed esigente, il suo legame affettuoso e fecondo in famiglia, ma anche la sua apertura e sensibilità».