Dalla fiducia in Dio al coraggio della vita matrimoniale

Dalla seconda relazione – Dalla fiducia in Dio al coraggio della vita matrimoniale – svolta da Teresa Uda e Maurizio Marello, coniugi della diocesi di Alba.

 

Teresa

… Studentessa di canto al Conservatorio di Cuneo … [fui costretta ad abbandonare gli studi per problemi di salute.] … Quell’esperienza negativa mi aveva segnato profondamente, lasciandomi un senso di pessimismo e sfiducia in me stessa e nella vita che fatico ancora oggi a scrollarmi di dosso… Ma la grazia di Dio era già all’opera in tutta questa vicenda… Il Signore mi aveva negato il successo vocale per farmi approdare, attraverso questa tribolazione, a un bene enormemente maggiore: il dono di Sé alla mia vita. Ecco il cammino che Dio scelse per me per condurmi alla fede. E questa fede cerco ogni giorno, come il tesoro più prezioso della vita attraverso la lettura della Bibbia e la preghiera. La parola di Dio che più faceva breccia nel mio cuore e più guidò le mie scelte (cfr Mt 6, 33) «Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte le altre cose vi saranno date in aggiunta» non tardò a realizzarsi nella mia vita, perché con la fede arrivarono presto la sospirata professione musicale, il matrimonio, i figli. Ed è appoggiandomi al fondamento di questa sperimentata fedeltà di Dio nei miei confronti, che ora affronto con fiducia la sfida più grande della mia vita: quella della famiglia. La responsabilità che Dio ha messo nelle mani mie e di mio marito, quella di altre vite umane, è così grave da non permettere margini di rischio, da non ammettere fallimenti. E lotto con le sole armi della fede che Dio mi ha consegnato nelle mani e che godo ritrovare in Anna Maria.

L’ho conosciuta circa sette anni fa leggendo la biografia scritta dal marito Paolo. Da allora, misteriosamente, la sua figura di moglie e di madre mi accompagna nelle mie giornate. La sua conoscenza è stata un dono dello Spirito, per suggerirmi traguardi nuovi nella vita concreta, che non sarei stata neanche capace d’immaginare. Il fatto, poi che giornalmente Anna Maria riuscisse a ritagliare due ore da dedicare alla preghiera fu per me il segreto svelato di una vita riuscita. Il Vangelo in lei declinato mi fu spunto sublime come sposa e madre. La sua caparbietà nel difendere il primato di Dio a tutti i costi nelle sue giornate è già anche il frutto di ciò che possedeva in se stessa: la stoffa della santa. La sua storia di vita mi ritrova in ginocchio. Mi risuonano allora nell’anima le parole di padre Gasparino. “Di vita ce n’è una sola e va vissuta in modo eroico”. Credo proprio che Anna Maria questo l’avesse capito fino in fondo.

Maurizio

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Maurizio Marello

Proviamo a condividere con voi alcune semplici riflessioni partendo da tre interrogativi; interrogativi grandi, complessi, ai quali chiaramente le nostre risposte sono quanto mai parziali; ma tentiamo di abbozzarle, e sono risposte che nascono dal cuore e dalla nostra vita di ogni giorno (non essendo noi degli esperti in materia) e che tengono sullo sfondo la figura “imponente” di Anna Maria, così come ce l’ha tracciata in modo esemplare, prima, monsignor Angelo e come l’abbiamo conosciuta dagli scritti di Paolo e dall’amicizia che è nata con lui alcuni anni fa…

1) Ci vuole coraggio, oggi, per scegliere la vita matrimoniale?

Crediamo proprio di sì. Il clima che si è creato attorno alla famiglia è di quelli pesanti”. Se ne parla, soprattutto attraverso i mass media, con riferimento a situazioni negative: separazioni, divorzi, violenze, difficoltà educative…

Di fronte a questo quadro, la vita di Anna Maria è lì che grida con forza a ciascuno di noi che l’esperienza matrimoniale e familiare è una straordinaria esperienza di gioia e di bellezza. Leggendo la sua biografia, immaginavo la sua voce che ripeteva: “nella scelta della famiglia non c’è nulla da perdere, ma tutto da guadagnare!”. Lei, che per il matrimonio ha lasciato tutto: la sua Torino, i suoi amici, i suoi impegni sociali ed ecclesiali, per trasferirsi in una terra sconosciuta, dedicarsi in tutto e per tutto al marito, ai figli, poi anche ai genitori e ai suoceri… per poi ritrovare tutto, anzi, il “centuplo” ad Inverigo e in Brianza, nella catechesi, nello scoutismo, nelle Equipe Notre Dame, nella scuola, nella sua madre Chiesa. Non è questa la promessa di Dio ad Abramo, che si è fatta vita, la promessa di Cristo nel Vangelo, che si è fatta vita? … pensiamo che noi coppie di sposi dovremmo avere più coraggio nel testimoniare e trasmettere agli altri questa gioia: la gioia della vita coniugale e familiare, appunto. Ciò contribuirebbe molto ad allentare le paure ed a far crescere nei fidanzati la coscienza della bellezza del matrimonio.

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2) Secondo interrogativo. Che cosa è il coraggio della vita matrimoniale?

… Per un cristiano c’è innanzitutto il “coraggio evangelico” che riconosce la stabilità del Vangelo e della sua promessa di fronte a tutte le sfide della vita. È il coraggio che nasce dalla Parola, dalla sua verità, dalla consapevolezza che Dio è fedele sempre, e con Lui ogni sfida è possibile: Ne ha parlato prima Teresa e ce l’ha testimoniato Anna Maria con la sua vita, lei, totalmente abbandonata, ma non in modo ingenuo, alla provvidenza di Dio. Ma c’è un altro significato, un’altra sfumatura del coraggio – di cui abbiamo trovato tracce nelle testimonianze scritte sulla vita di Anna Maria – che ci sembra molto importante nella relazione di coppia: il coraggio di accettare noi stessi e gli altri così come siamo e di mostrare la nostra debolezza per quello che è.

Quante energie sprechiamo per “mascherare” agli altri le nostre fragilità, per mostrarci diversi da quello che siamo, insomma: per mostrarci forti anche quando siamo deboli. La società di oggi, del resto, ci insegna che quello che conta è la forza, l’efficienza fisica, psichica, intellettiva: ci educa al superomismo; dobbiamo essere tutti dei superuomini, delle superdonne. Di qui nasce la paura del giudizio degli altri (anche quello del coniuge e dei figli). Quante coppie – e purtroppo lo sperimento anche nella mia professione – vanno in crisi per queste maschere e per la paura di non essere all’altezza dell’altro o dell’altra.

Trovo stupende – anche se continuo a non comprenderle sino in fondo, in ragione della mia poca fede – queste parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. «…il Signore mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo, Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.» (2 Cor 12, 9-10).

… Diceva prima don Angelo: di fronte allo sconforto del coniuge, aver la capacità di andargli incontro, non avere pretese con lui, ma cercare di essergli vicino. Notiamo che nei bambini questo atteggiamento è naturale; quando ti vedono un po’ giù di “corda” – l’avrete sperimentato anche voi – cercano in tutti i modi di rincuorarti; non ti rimproverano perché oggi non sei particolarmente in forma e allora non li hai portati a giocare o non hai giocato con loro. Questa semplicità è molto bella. Se nascessi una seconda volta, penso proprio che mi sposerei nuovamente. Naturalmente con Teresa, alla luce di queste cose.

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3) Ultimo pensiero. Fiducia in Dio, coraggio e santità; ma quale santità?

La domanda ci è sorta leggendo la biografia di Anna Maria ed alcuni autorevoli commenti in merito. Il filo conduttore di talune considerazioni è il seguente: Anna Maria è stata un esempio di santità domestica, di santità nella normalità della vita, nel feriale, nell’ordinario… ed espressioni similari. Ora, tutte queste espressioni sono assolutamente condivisibili e attestano tra l’altro la stima e la “meraviglia” per la persona di Anna Maria, Ma, a parer mio, occorre fare attenzione a non correre un rischio.

Il rischio è quello di poter pensare, magari senza volerlo, che possano esistere o che esistano almeno due tipologie di santità: una “ordinaria” ed una “straordinaria”. Questo rischio affonda le sue radici anche nella convinzione, ancora abbastanza diffusa tra noi laici, che la santità non sia affar nostro, che sia per noi una meta inaccessibile e che i santi siano qualcosa di irraggiungibile e lontano da noi, qualcosa di altro.

Il rischio è appunto quello di pensare che ci sia una “santità laicale, normale, ordinaria, del quotidiano” ed una santità con la “S” maiuscola, quella, per intenderci, che copre buona parte dei giorni del nostro calendario. Appartiene a quest’ultima categoria chi ha fatto nella vita cose straordinarie, ad imitazione – per quanto è possibile ad una persona umana – di quello che Cristo ha fatto, è stato, ed ha insegnato nei suoi ultimi tre anni di vita, quelli appunto della sua vita pubblica narrata dai Vangeli. Non a caso, mi pare che nelle procedure di canonizzazione sia proprio previsto l’accertamento di miracoli operati sia in vita che post-mortem.

Per meglio chiarire questo concetto mi soccorre Charles de Foucauld, da poco beatificato dalla Chiesa… Ebbene, fratel Carlo ha avuto per tutta la vita un’unica aspirazione, una specie di chiodo fisso: quello di imitare Gesù soprattutto nei suoi primi trent’anni di vita, quando Gesù è vissuto nel silenzio, nell’umiltà, nel servizio quotidiano della sua famiglia e della sua comunità, assumendo sino in fondo la condizione umana, fratello di tutti, “fratello universale” appunto. E in quei primi trent’anni che Dio, in Gesù, è entrato sino in fondo nelle pieghe della vita umana, nel cuore dell’uomo, condividendone il lavoro, le fatiche, le gioie e i dolori.

La vita di Anna Maria ci sembra che sia stata proprio tutto questo: straordinaria nell’interpretazione della sua vocazione di donna, sposa e madre. Lei non “levitava” come san Giuseppe da Copertino, ma è stata sicuramente “lievito” nella sua famiglia, nel lavoro, nella comunità ecclesiale; in questo senso testimone di Cristo nella vita domestica e feriale. Lei è lì ad indicarci che la santità è accessibile a tutti, nel senso che tutti siamo chiamati a santificare sin dall’oggi, nell’ordinario, la nostra vita; è lì a testimoniarci che il coraggio, la tenacia di cui parlava prima don Angelo, la carità e la fiducia in Dio sono le vie della santità; è lì a dirci che di santità non ce ne sono due o tre o quattro, ma ce n’è una sola ed è la ricerca costante della totale fedeltà a Cristo e all’uomo, vissuta nella vocazione di vita e nel progetto di vita, ovviamente diversi da una persona all’altra.

E allora, per concludere, diciamo un grazie ad Anna Maria e Paolo, per questo loro esempio di vita coniugale e familiare, che è di sprone e di grande aiuto per tutti noi e che parla ai nostri cuori di sposi e di genitori con le parole di san Paolo ai Romani: «Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità» (Rm 12, 12-13).